Ci sono dei testi che attraversano decenni e superano indenni cambiamenti sociali e politici, l’arrivo di nuove tecnologie e stili di vita, continuando a trasmettere significati e valori universali.
E’ il caso del dramma teatrale Uno sguardo dal ponte scritto nel 1955 da Arthur Miller e da allora riproposto, internazionalmente, non solo sul palcoscenico ma
al cinema e in trascrizione televisiva. Memorabili la versione teatrale firmata nel 1958 da Luchino Visconti e interpretata da giganti come Paolo Stoppa, Rina Morelli , una giovane e bellissima Ilaria Occhini ed un seducente Corrado Pani. Altrettanto quella cinematografica, nel 1962, per la regia di Sidney Lumet con un magnifico Raf Vallone, perfetto per possente fisicità e impeto emotivo nell’incarnare Eddie Carbone, scaricatore al porto di New York e immigrato dalla Sicilia. Da un luogo lontano ma di cui conserva tradizioni, principi e leggi non scritte ma incancellabili. Sarà però la passione incestuosa e inconfessata per la giovane nipote Catherine, allevata assieme alla moglie, a portarlo a rovesciare ogni codice comportamentale e trascinarlo a un drammatico epilogo. Ora, dal 14 marzo al 2 aprile al Teatro Argentina di Roma. Eddie è Massimo Popolizio protagonista di una tournée che da Torino attraverserà l’Italia, con fra le tappe il Teatro Due a Parma, il Teatro Piccinni a Bari, il Teatro Strehler a Milano. Attore fra i più valenti Popolizio è
talento multiforme: interprete teatrale e cinematografico, doppiatore e regista come in questo caso. La sua robusta fisicità e la forte presenza scenica lo rendono esemplare per questo ruolo come già lo era stato nel personificare la figura di Mussolini sia in questa stagione proprio sul palcoscenico dell’Argentina in M-Il figlio del secolo, sia nel 2018 sullo schermo in Sono tornato, per la regia di Luca Miniero, in cui Mussolini ripiomba sulla terra in cerca di una nuova dittatura. In questa ulteriore versione, creata dalla Compagnia Umberto Orsini, del dramma milleriano fonde la forza sconvolgente di una passione irrazionale alla violenza atavica di tradizioni che l’America non ha cancellato alla frustrazione nata dall’impossibilità, per età e legami di parentela, di ottenere l’oggetto della sua passione. Quella Catherine, interpretata da Gaia Masciale, nata negli USA e quindi americana di diritto, che al contrario di chi la circonda, immigrati spesso clandestini cupi, diffidenti, vendicativi, è libera e gioiosa e per tutti rappresenta “il sogno americano”. Un miraggio che grazie all’amore che nato fra lei e Rodolfo, Lorenzo Grippi, un giovane immigrato clandestino appena sbarcato potrebbe concretizzarsi. A produrre l’epilogo tragico sarà il delirio emozionale di un Eddie che per impedire il matrimonio denuncia Rodolfo alla Polizia perché venga respinto in Italia e contravvenendo così alle regole di una comunità solidale. “L’azione della pièce- commenta Massimo Popolizio- consiste nell’orrore di una passione che nonostante sia contraria all’interesse dell’individuo che ne è dominato, nonostante ogni genere di avvertimento ch’egli riceve e nonostante ch’essa distrugga i suoi principi morali, continua ad ammantare il suo potere su di lui fino a distruggerlo”. Si qui l’atemporalità di una storia e quindi di un testo che tratta non solo problematiche ancora attuali come l’immigrazione clandestina ed i rischi che ne conseguono ma sentimenti eterni come la passione, la gelosia, il rancore.
Emozioni raccontante come avviene nelle tragedie greche in cui all’inizio il dramma è già avvenuto ed è il coro a raccontarlo. In Uno sguardo dal ponte sarà l’Avvocato Alfieri, Michele Nani, a farlo visto che all’aprirsi del sipario Eddie è già morto e la vicenda viene narrata con una serie di flash back che ne ricordano la versione cinematografica. Ad incombere sulla scena è il Ponte, quello di Brooklyn, simbolo del nuovo mondo e della divisione fra la ricca Manhattan e la Brooklyn degli immigrati, divise solo da un ponte ma in realtà lontanissime.
Dopo il grande successo di M – Il figlio del secolo, la maestria interpretativa e la sapienza registica di Massimo Popolizio tornano sul palcoscenico del Teatro Argentina per la terza volta in questa stagione, dal 14 marzo al 23 aprile, con la sua nuova creazione Uno sguardo dal ponte, dramma di una passione sbagliata di Arthur Miller. Scritto nel 1955 in Italia fu messo in scena per la prima volta nel 1958 da Luchino Visconti, protagonisti Paolo Stoppa e Rina Morelli. Del capolavoro milleriano, nel 1962, fu tratto il film diretto da Sidney Lumet con Raf Vallone.
Un grande racconto teatrale proposto con la forza espressiva di un film di un affresco sociale che affronta tematiche come povertà, immigrazione clandestina, caccia allo straniero e morbosità familiare. Ambientato in una comunità di immigrati siciliani a Brooklyn, Uno sguardo dal ponte, ispirato da un fatto di cronaca, porta in scena le traversie di uomo dilaniato e sconfitto da una passione incestuosa. Il destino ineluttabile, da cui si può essere vinti e annientati, guida la trama dell’azione teatrale, impostata come un lungo flash-back con il protagonista Eddie Carbone – nell’interpretazione dello stesso Popolizio – che entra in scena quando tutto il pubblico già sa che è morto. Una grande storia raccontata come un film, ma a teatro.
Così commenta Massimo Popolizio: «Come scrive Miller: “L’azione della pièce consiste nell’orrore di una passione che nonostante sia contraria all’interesse dell’individuo che ne è dominato, nonostante ogni genere di avvertimento ch’egli riceve e nonostante ch’essa distrugga i suoi principi morali, continua ad ammantare il suo potere su di lui fino a distruggerlo”. Questo concetto di ineluttabilità del destino e di passioni dalle quali si può essere vinti e annientati è una “spinta” o “necessità” che penso possa avere ancora oggi un forte impatto teatrale. Tutta l’azione è un lungo flash-back, Eddie Carbone, il protagonista, entra in scena quando tutto il pubblico già sa che è morto. Per me è una magnifica occasione per mettere in scena un testo che chiaramente assomiglia molto ad una sceneggiatura cinematografica, e che, come tale, ha bisogno di primi, secondi piani e campi lunghi. Alla luce di tutto il materiale che questo testo ha potuto generare dal 1955 (data della sua prima rappresentazione) ad oggi, cioè film, fotografie, serie televisive credo possa essere interessante e “divertente” una versione teatrale che tenga presente tutti questi “figli”. Una grande storia… raccontata come un film… ma a teatro. Con la recitazione che il teatro richiede, con i ritmi di una serie e con le musiche di un film. Ci sarà un ponte, ci sarà una strada e in questa strada dei mobili, che sono la memoria della famiglia Carbone… Arriva l’avvocato Alfieri, la sua funzione somiglia a quella di un coro greco, è presente nel racconto e al contempo è spettatore fuori dalla scena, ci introduce nella vicenda che, non dobbiamo dimenticare, trae origine da un fatto di cronaca nera dal quale Miller fu profondamente turbato.