Moda può essere considerata un’espressione d’arte. Soprattutto moderna. Non stupisce quindi che le sale di Ca’ Pesaro, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, ospitino fino al 6 gennaio 2019 una mostra dedicata a Elio Fiorucci. Un omaggio alla sua vivacità creativa e al pirotecnico estro all’origine non solo di una serie di abiti e oggetti di rivoluzionario design, ma capaci di ridisegnare la moda in modo democratico, sovvertendone i canoni tradizionali e influenzando gusti e stile di due generazioni.
E’ stato lo stilista milanese diventato nel tempo uno dei più solidi esportatori del Made in Italy a introdurre alla fine degli anni ’60 lo spirito libero, trasgressivo e innovatore della “swinging London”, filtrandolo però attraverso la sua visione personale
aperta verso etnie e paesi lontani. La “fantasia al potere” di cui è stato interprete e artefice si esprime nel suo lavoro con colori e tagli assolutamente originali, frutto del costante esame della realtà in mutamento: quella dei figli
dei fiori, delle ragazze ye ye, della contestazione antiborghese. “Sono un commerciante- disse in
un’intervista- che ha però guardato con attenzione alla vita e ai comportamenti della gente”. Costante il rapporto di Fiorucci con l’arte : nel 1967 il suo primo negozio a Milano in Via Passerella, è disegnato da Amalia del Ponte, designer, scultrice e videoinstallatrice e sarà il leggendario Keith Haring ad occuparsi nel 1983 del restyling dello store milanese dello stilista, mentre quello di New York sarà punto di incontro per artisti come Andy Warhol e Jean-MichelBasquiat. L’amicizia decennale con il fotografo Oliviero Toscani porta a campagne pubblicitarie con manifesti mai utilizzate in precedenza. Spiazzanti, provocatorie diventati icone. La curiosità, la ricerca del nuovo, la voglia di non porsi limiti hanno ispirato il motto dello stilista “Liberi tutti” e lui
infatti si sente libero di cercare e sperimentare e spesso trovare. Con lui i jeans si trasformano in un capo sexy con cui andare a ballare visto che sono arricchiti con inserti di lycra, pietre e ricami; inventa i pantaloni in lamé dorato e gli abitini in latex un tessuto che sembra una seconda pelle o in Tywek, un materiale sintetico simile alla carta, difficile da strappare ma facilmente tagliabile con forbici o coltello. Il marchio Fiorucci diventa sintesi di uno stile che si allarga all’arredamento, alla decorazione, agli oggetti più abituali. Il percorso espositivo
di “Epoca Fiorucci” ripercorre una carriera che raggiunse l’apice negli anni ’80 e lo fa con lo stesso spirito dello stilista: anticonvenzionale e originale. Le sale del palazzo sul Canal Grande sono allestite dallo studio Baldessari e Baldessari come “un grande mercato delle idee e delle cose” e con una documentazione unica di eventi, progetti, prodotti. Nella sala “Elio e il suo mondo” sono riuniti centinaia di oggetti venduti dal marchio nel mondo e nei video le persone che maggiormente hanno condiviso il suo percorso
lo ricordano. La mostra è il tentativo di ricostruire la “filosofia Fiorucci” anche attraverso le immagini dei suoi negozi nel mondo : da Rodeo Drive a Los Angeles a Tokyo, da Hong Kong a Sydney. Anche questi testimoniano dello tsunami che portò pillole di trasgressione anche fra le signore abituate al perbenismo dell’abito borghese. Le creazioni made by Fiorucci diventarono spesso bandiera delle rivendicazioni per la parità dei diritti e l’autodeterminazione. Non solo moda quindi ma costume e società. Grazie, Fiorucci,di quegli anni ma anche da un rapporto costante con l’arte che una mostra A Ca’ Pesaro un altro intrigante dialogo tra moda e cultura, questa volta grazie alla pirotecnica creatività di Elio Fiorucci, il celebre stilista milanese scomparso nel 2015, da molti definito il “paladino della moda democratica”. Fiorucci fu una personalità unica in questo campo, capace di rivoluzionare la moda e il mercato – quando alla fine degli anni sessanta portò a Milano lo spirito libero e trasgressivo della Swinging London – e di formare il gusto di almeno due generazioni di giovani. Le sue idee innovative, le proposte sempre all’avanguardia rispetto agli input del pronto-moda, l’apertura ad altri mondi e culture, da cui traeva ispirazione, lo rendevano un fuoriclasse. Poi c’era la passione per l’arte e l’architettura contemporanea, che portò Fiorucci a circondarsi di architetti come Sottsass, Mendini, Branzi, De Lucchi – grandi innovatori al pari suo – o di artisti del calibro di Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol, ai quali non chiedeva“opere” ma contributi creativi per realizzare luoghi, narrazioni, eventi dove protagonisti erano la persona e i suoi desideri. Fiorucci è stato così il primo “stilista” a livello internazionale ad affidare ai più grandi architetti, grafici e designer la rappresentazione e la comunicazione dei suoi capi e accessori d’abbigliamento, intesi come estensione delle persone e della loro identità. Perché, per Elio, il prodotto, l’oggetto creato, rappresentava lo strumento per parlare d’altro: “Fiorucci – sostiene Aldo Colonetti – è stato una sorta di Marcel Duchamp non solo della moda ma, si potrebbe dire, nel modo di disegnare le cose, gli spazi, le relazioni tra l’oggetto e la persona”. Come lui stesso scriveva, “per cercare idee nuove e progettare, è necessario guardare gli altri, andare al di là delle apparenze, leggere tra le righe dei linguaggi, non solo della moda, ma soprattutto della vita quotidiana. Moda per me significa i diversi modi di vivere il proprio corpo, le proprie abitudini, così che ciascuno sia in grado di essere se stesso”. Il suo primo negozio in Galleria Passerella a Milano, disegnato da Amalia Del Ponte, è del 1967, e nel ’76 lo store coloratissimo sulla 59th Avenue di New York diventa un punto d’incontro di tanti giovani. Qui arrivano anche Andy Warhol, Truman Capote e una giovanissima Madonna che tiene il suo primo concerto nell’83 allo Studio 54 proprio per i sedici anni di attività di Fiorucci. Nell’ottobre dello stesso anno sarà Keith Haring, con i suoi graffiti, a firmare un intervento artistico temporaneo in attesa del nuovo progetto per il negozio di Milano, realizzato sei mesi dopo. La mostra a Ca’ Pesaro ricorderà anche tutto questo, con un percorso e un taglio assolutamente originali, in linea con lo spirito non convenzionale e non costrittivo di Elio Fiorucci. Nelle sale del palazzo veneziano affacciato sul Canal Grande sarà allestito un “grande mercato” per ripercorrere tutta la storia dello stilista, con un’antologia unica di prodotti, oggetti, manifesti, documentazione di eventi. Un’architettura che non solo vuole ricordare i suoi famosi negozi sparsi in tutto il mondo – da Los Angeles in Rodeo Drive, dove approda all’apice del successo negli anni ottanta, fino a Tokyo, Sydney, Rio e Hong Kong – ma ambisce a ricostruire, attraverso le sue invenzioni, la “filosofia” di Fiorucci perché – come ripeteva spesso lui – un negozio, un mercato è “una relazione tra sentimenti, pensieri, linguaggi, anime diverse”. In catalogo testimonianze dirette di coloro che hanno collaborato con Elio Fiorucci e un intenso dialogo tra Gillo Dorfles e Aldo Colonetti. Mostra a cura di Gabriella Belli e Aldo Colonetti Con la collaborazione di Floria Fiorucci e Elisabetta Barisoni Progetto di allestimento di Daniela Ferretti con Baldessari e Baldessari
MOSTRA EPOCA FIORUCCI – CA’ PESARO VENEZIA