Ha già compiuto cinquantanni ma non li dimostra, anzi è attualissimo “Saved”, di Edward Bond debutto il 29 al Teatro del Vascello di Roma con la regia di Gianluca Merolli e fra gli interpreti Francesco Biscione, Manuela Kustermann, Lucia Lavia, Gianluca Merolli, Marco Rossetti, repliche fino al 10 dicembre.
Il testo, portato in scena nel 1965, fece scandalo per drammaticità e crudezza e, esistendo al tempo ancora la censura a teatro, ne venne proibita la rappresentazione in forma pubblica condannandolo, in pratica, all’oblio. Un “incidente di percorso” che non ha impedito a Bond, drammaturgo, regista, sceneggiatore e poeta, di diventare uno dei massimi esponenti del teatro contemporaneo. Le sue opere contengono una lucida ed aspra analisi delle dinamiche di violenza e potere nella società moderna, in particolare nelle periferie proletarie londinesi da cui proviene. In una scenografia volutamente essenziale e senza indulgere in facili effetti drammatici l’autore studia a fondo la violenza e alienazione dei ghetti urbani, l’oppressione esercitata dalla forza del denaro e del potere da parte della classe egemone su comunità prive di qualsiasi speranza di riscatto sociale e tanto meno di coscienza della propria dignità di esseri umani. Una situazione di emarginazione da cui può nascere solo bassezza, disamore, e aggressività. Spesso tragica. Come in “Saved”, scritto in cockney, il “dialetto” della periferia londinese, della classe operaia più umile, narra come fra persone che hanno smarrito aspettative e innocenza, prive di valori, l’unico mezzo per rivendicare il proprio posto nel mondo sia la violenza. Quella cui viene lapidato dal padre e dai teppistelli suoi amici
un neonato in carrozzina e rende ancora oggi il testo scioccante. Un’insensatezza frutto di un’ottusità che non genera alcun rimorso. E’ quasi il naturale culmine della convivenza ottusa e intorpidita vissuta nella famiglia dei protagonisti di un’opera teatrale che per rigore e asciuttezza ricorda una tragedia greca. Qui però non è come in “Edipo”, un figlio che uccide il padre, ma il contrario e i personaggi non sono re o regine. Piuttosto dei poveracci sprofondati in un abisso da cui cercano di emergere solo attraverso l’aggressività di gruppo, unico mezzo per darsi un’identità. Ieri come oggi. “ Nel 1965 Bond ritrae uno spaccato della periferia londinese che non sembra distante dalle dinamiche presenti tra le strade e i vicoli delle nostre città, fra uomini e donne che non hanno ereditato gli strumenti per attuare
una scelta positiva- sottolinea il regista Merolli- Si è smarrita l’innocenza e l’unico mezzo conosciuto per trovare un posto nel mondo è la crudeltà. L’innocenza potrebbe ricordarci ciò che siamo stati da bambini e, dunque, non ci rimane che lapidarla”. Harry e Mary, nonni negligenti del bimbo ucciso, avrebbero dovuto indicare alla figlia Pam una strada possibile per il riscatto, mutare le incapacità in risorse e non instillare la prepotenza o l’indifferenza nei rapporti familiari. Avrebbero dovuto essere un esempio anche per gli altri giovani della famiglia. Ma giocano la parte dell’autorità inadempiente, che non ha i mezzi per assolvere al proprio ruolo etico. I genitori come i politici, i militari, la scuola, i giornalisti. Quanti dovrebbero guidare le nuove generazioni perché si rinasca, perché ci si salvi. Di qui la denuncia attualissima dell’autore in un teatro che ancora oggi pone domande ma non ha ricevuto risposte.
Foto di copertina: Roma – Teatro Vascello